

Approvata da Hypno (che ringrazio per l'enorme pazienza anche per le mie numerose domande)
edit: subentra Persefone dato che Hypno non è più mod. Grazie comunque di tutto Hypno!
I miei omaggi a tutte le guardiane che stanno leggendo questo topic
sono felice che siate passate e spero che L'Ombra del Cristallo possa piacervi tanto quanto a me piace scriverla
Premessa
L'Ombra Del Cristallo è una Long-fic, quindi ogni settimana uscirà un nuovo capitolo. Si basa su una storia alternativa che si distacca dalla storia che stiamo vivendo, sia per quanto riguarda le vicende, sia per i personaggi. Il titolo si riferisce a Miiko (Cristallo, come figura cardine anche nel qg) e ai sentimenti che si celano nel cuore della guardiana. Per il resto ci saranno degli OOC (out of character) per quanto riguarda guardiana, Miiko e gli abitanti di Eldarya. Nelle vicende la guardiana viene chiamata con il nome originale, ovvero Erika. Se volete lasciate un commento ^^
Fatta questa veloce premessa vi lascio a "L'Ombra del Cristallo", buona lettura!

- Trama -
Erika, una giovane e intraprendente studentessa liceale, ha diversi problemi con la scuola, i suoi genitori non la capiscono e fin da bambina ama gironzolare per il boschetto sopra casa sua. Un giorno però, spaventata da uno scoiattolo, cade in un cerchio di funghi, batte la testa e si ritrova nel mezzo di una battuta di caccia. Qui incontra Miiko, una donna che riuscirà tra una missione e l’altra a conquistare la ragazza. Erika tornerà a casa o deciderà di restare accanto alla volpe?
- Capitolo 1 -
“Ah, la testa!” dissi portandomi una mano alla testa e sollevando il busto. Incrociai le gambe ancora indolenzite mettendomi seduta su quello che doveva essere un prato. Aprii gli occhi cercando di adattarli alla luce solare che filtrava tra le foglie e i rami degli alberi circostanti. Cominciai a guardarmi attorno pian piano, cercando di mettere a fuoco ciò che mi circondava senza troppe pretese. Stranamente non riconoscevo quel posto, mi ero davvero dimenticata tutto? Di storie sulla perdita di memoria me ne avevano raccontate, ma non avrei mai pensato di non riconoscere nemmeno il boschetto sopra casa mia. Da bambina mi piaceva esplorarlo, conoscevo ogni angolo di quell’oasi verdeggiante, ma questo, questo sembrava così diverso. Poi quel cerchio di funghi… di libri fantasy ne avevo letti, ma non avrei mai pensato che qualcosa di simile funzionasse davvero, chissà com’erano cresciuti in una sola notte poi.
Evitai di pensarci, era inutile, non c’era tempo da perdere, dovevo tornare a casa.
“Il compito di latino, e adesso cosa mi invento” dissi a me stessa scuotendo la testa disperata. Sarebbe stato l’ultimo giorno per recuperare il voto l’indomani ed ora non sapevo nemmeno dove fossi. Avrei dovuto passare un’altra estate sui libri, chiusa in casa, punita da una lingua morta e sepolta. Allontanai anche questo pensiero per evitare di cadere in depressione come mio solito e sospirai.
-Nevra, Valyon ora!- esclamò una voce alle mie spalle. Feci per girarmi ma qualcuno mi piombò addosso inciampando nella mia schiena. Mi ritrovai trascinata a terra con la faccia contro l’erba fresca. Quella sensazione era piacevole, e quell’erba così morbida…
-Ehi tu, si può sapere cosa ci fai qui fuori?- Quella voce femminile mi richiamò come nessuno era mai riuscito a fare, nemmeno quando mi addormentavo sui libri in classe. Era una voce che non avevo mai sentito prima, non riuscivo a ricondurla a nessuno che conoscessi.
Misi le mani a terra e tentai a fatica di riportarmi seduta, tenendo il capo chino, più per sconforto che per altro.
-Lo vorrei sapere anche io- risposi sinceramente, tornando a massaggiarmi il capo.
-Durante il coprifuoco non dovresti uscire.- Mi ammonì tirandosi in piedi e avvicinandosi a me.
“Coprifuoco? Di cosa sta parlando?” L’ultima volta che avevo sentito la parola coprifuoco andavo ancora alle medie. Se prima pensavo che questo posto fosse stato digeribile, ora non lo pensavo più. Cercai di formulare frasi che la facessero calmare quel po’ che bastava: mia madre quando non pulivo la stanza urlava di meno.
-Mi… Mi dispiace, sono mortificata, credo di essermi persa e avere perso i sensi.- Non entrai nei dettagli, era abbastanza imbarazzante quel momento, figuriamoci se le avessi detto che, spaventata da uno scoiattolo che mi era piombato in testa, ero inciampata e caduta in un cerchio di funghi sbattendo la testa sull’unico sasso nel raggio di una ventina di metri… avrebbe riso di me per tutta la vita probabilmente!
-Non preoccuparti, è strano che tu abbia passato le guardie al cancello, devi avere fegato ad uscire dal quartier generale.- Mi parve di sentire il suo tono addolcirsi, anche solo per un attimo. Forse… forse non era così acida come mi era sembrata.
-Non volevo dare fastidio, chiedo umilmente scusa.- Feci una pausa –Torno al quartier…- come si chiamava? Generale forse? Che cos’era?
-Tu non sei di qui, vero? Vieni da villaggi vicini? Forse sei una ninfa, o qualcosa di simile?- Mi bloccai alle sue parole. Una ninfa? Avevo capito bene, io una ninfa? Di cosa stava parlando?
Vidi con la coda dell’occhio i suoi calzari di fronte a me, e parte dei vestiti. Si era accucciata e mi stava guardando.
-Non sei nemmeno una ninfa, non è vero?- non risposi, come potevo dirle cos’ero, sembrava che non fosse un posto per me quello, sembrava che quella ragazza, quella donna, non fosse umana di suo. No, ma cosa andavo farneticando? Dove pensavo di essere? Sospirai e scossi la testa.
-Come ti chiami?- Pareva un identikit, ma la situazione s’era fatta molto più tranquilla e in qualche modo… mi confortava la sua presenza
-Erika… mi chiamo Erika- risposi a bassa voce
-Erika, uhm… non sembra un nome di Eldarya…-
“El-che? Ma di cosa sta parlando?” era più strana della mia professoressa di matematica, e ce ne voleva, tanto!
Ero immersa nei miei pensieri quando la donna mi prese il mento tra indice e pollice e mi obbligò a guardarla. D’un tratto mosse i miei capelli con la lama di un pugnale che aveva addosso. Sposando lo sguardo vidi una gabbia per terra con una luce dentro
-Tu cosa sei?- Chiesi imbarazzata appena mi scoprì l’orecchio destro.
Lei sorrise e mi guardò negli occhi –Sembra che io sia la tua bella notizia giornaliera-
Il suo sorriso, il suo sguardo… quel giorno… lo ricorderò per sempre come il giorno in cui il mio cuore ricominciò a battere ardente nel mio petto…
- Capitolo 2 -
-Miiko esigo una spiegazione! - una voce maschile alle mie spalle mi destò senza pudore dai miei pensieri. Miiko… Forse era il nome di quella donna dai lunghi capelli corvini che avevo di fronte?
Proprio quando me lo stavo chiedendo, la donna chiuse gli occhi ed espresse il suo dissenso in una smorfia quasi indecorosa, simile ad un ringhio. Mi spostai allontanando istintivamente i mio volto dal suo palmo, e solo allora mi accorsi della presenza di due orecchie da volpe sulla sua testa, che si stavano muovendo rispecchiando il suo stato d’animo. La donna-volpe si alzò poco dopo con aria adirata, gli occhi le brillavano, pareva che le fiamme dell’inferno le bruciassero mandandola in escandescenza. Allungò una mano verso la gabbia e questa raggiunse il suo palmo.
“Stregoneria!” pensai immediatamente cercando di ricordare le formule magiche che avevo letto su vari libri nel corso della mia esistenza, ma nessuno sembrava essere adatto.
-Prova a rivolgerti in quel modo ancora una volta verso di me e giuro ti lego a un albero e ti faccio divorare dai Black Wolves, Valkyon.- A quelle parole mi voltai alzandomi in piedi a mia volta per vedere con chi stesse parlando Mii… non ricordavo nemmeno il nome, dovevo averla battuta per bene la testa! Solo allora mi accorsi delle code corvine che spuntavano dai vestiti della ragazza-volpe.
“Sembrano morbide!” dissi a me stessa avvicinandomi.
-Certo Capo- disse il ragazzo dai capelli bianchi con un saluto militare. Le sue parole non sembravano troppo oneste, al contrario, era come se con quel gesto volesse dimostrare la volontà di non sottostarle.
Mi bloccai alla vista di una carcassa color pece che il ragazzo fece cadere a terra.
Mi allontanai di un passo, tenendo sott’occhio la creatura. Si sarebbe mossa? Mi avrebbe mangiata? Sarei mai tornata a casa?
Col movimento richiamai l’attenzione non solo del ragazzo dai capelli bianchi, ma anche quella del ragazzo alla sua destra, così serio da risultare fin troppo inquietante.
-Umana.- Lo sguardo del ragazzo dai capelli neri mi pietrificò. Non lo distolse nemmeno per un istante, e io mi sentii sempre più debole, mi sentii cadere nell’oscurità.
-Nevra, basta così, è un’ospite, trattala come si deve-
-Le mie scuse, Miiko- Nevra mi guardò, questa volta risparmiandomi e accennando un inchino –Le mie più sentite scuse, umana, spero possiate perdonarmi. Sono tempi difficili per noi, vogliate scusare le mie maniere. -
-Nevra, smettila di essere così noioso. - Disse Valkyon sbuffando. Erano proprio l’uno l’opposto dell’altro, Valkyon era quasi indisciplinato, il classico ragazzo ribelle che voleva cambiare le cose per i conti suoi. Al contrario Nevra era così serio, portava una corazza addosso che non faceva trapelare nemmeno un’emozione.
-N-Non vi preoccupate, Nevra, non è successo nulla. – accennai un sorriso per rincuorarlo ma nemmeno così, seppur il mio sorriso fosse spesso e volentieri contagioso, riuscii a smuoverlo.
Mi avvicinai cautamente ai tre, sotto lo sguardo attento dei presenti. –Sì, sono umana, è strano, voi sapete cosa sono e io non so cosa siate voi…- dissi con un certo imbarazzo. Sentivo le parole strozzarsi in gola, era una domanda giusta da fare? O avevo fatto un buco nell’acqua più grande di qualsiasi altro avessi mai fatto?
Attesi risposta, che, al contrario di quanto mi aspettassi, mi fu presentata subito dopo.
-Nevra è un vampiro. – Esordì la donna volpe guardandomi –Valkyon… Nemmeno lui lo sa, quindi non saprei davvero cosa dirti. – Continuò lei, quindi concluse spiegandomi che essere era lei –Mentre io sono una Kitsune. -
-Miiko, ti sei dimenticata di una persona. – disse sorridendo Valkyon
-Non ho dimenticato nessuno che non sia degno d’essere presentato. – Disse lei riponendo il pugnale in una federa posta su un apposito supporto legato alla sua gamba sinistra.
-Sarà ugualmente qui a momenti. – Rispose in tono tranquillo Nevra. Poi si rivolse a me. –Non dovete cercare di comprenderlo, è un elfo particolarmente eccentrico, tuttavia pare che le sue predizioni non siano state incorrette sul fatto che voi sareste venuta qui. -
“Un elfo? Questo è il colmo! Predizione poi di cosa sta…” i miei pensieri vennero interrotti da una voce maschile affannata proveniente da nord. Non feci in tempo a voltare il capo, che alle spalle di Nevra e Valkyon apparve un palloncino di dubbio color crema con due piccole ali svolazzante. Dietro al palloncino apparve un ragazzo alquanto bizzarro dai capelli color del mare che doveva avere bene o male l’età degli altri ragazzi.
-Torna immediatamente qui! – gridava il ragazzo al palloncino, non sapevo se essere imbarazzata o divertita. Guardai gli altri, Miiko si era messa una mano sulla fronte scuotendo la testa, Nevra era impassibile, privo di alcuna emozione, mentre Valkyon se la rideva cucendo un mantello con una lana simile al colore del palloncino.
-Non ho i soldi per ricomprarti, sfera! Senza di te non posso più predire nulla! Torna qui! – Solo allora mi accorsi che quello non era un palloncino, era verosimilmente un animale simile a una pecora… volante…
-Lui è Ezarel, non fateci troppo caso, umana, è fatto così. – Disse Nevra tenendo un tono di voce piatto, senza dimostrare alcuna emozione che non fosse prettamente seria.
- Si chiama Erika, apprezzo le buone maniere Nevra, ma umana non è un nome appropriato per questa ragazza. – Miiko mi guardò e mi sorrise, i suoi occhi erano tornati quelli che avrei voluto vedere per tutta la vita, quelli che mi avevano fatta ricominciare a battere il cuore e a vivere. Le sorrisi, fino a che la voce di Nevra non mi richiamò.
-Erika, benvenuta ad Eldarya.-
- Capitolo 3 -
Eldarya… per molti aspetti assomigliava al mio mondo, al mondo da cui provenivo, tuttavia la gente era diversa, era semplicemente strana, eccentrica. La giacca che avevo addosso mi stava soffocando, com’era possibile? Sulla Terra era freddo in questo periodo, qui sembrava piena estate.
Prima di togliermi l’indumento cercai con la mia mano il taccuino che portavo sempre con me nella tasca destra, assieme alla biro blu, inseparabile e unica vera amica che avevo scuola (tranne quando finiva, ovviamente). Raggiunsi entrambi a fatica con i polpastrelli della mano corrispondente, facendo attenzione che nessuno se ne accorgesse, se avessero letto cosa pensavo su di loro probabilmente non l’avrei passata molto bene.
Estrassi il taccuino e la penna lentamente, magistralmente lasciai scivolare nella tasca il tappo della biro poco prima che uscisse dalla tasca, finalmente i duri allenamenti scolastici di copiatura avevano dato gli effetti sperati.
Cominciai a scrivere con la mia calligrafia minuta in modo che, anche se avessero visto, non sarebbero riusciti a leg…
-Erika- Mi chiamò Miiko girandosi verso di me e impuntando con forza il bastone per terra. Sobbalzai a quel gesto inaspettato e feci un passo indietro involontariamente.
-Cosa stai facendo? - Mi chiese avvicinandosi.
I suoi occhi fissarono i miei per un tempo che non riuscirei tutt’ora a descrivere. Quegli occhi erano la cosa più bella che avessi mai visto, ma al contempo pietrificavano, non riuscivo a muovermi, quello sguardo mi stava distruggendo dall’interno.
Prima che me ne potessi rendere conto mi prese di mano i taccuino, non opposi resistenza, ero pietrificata, non riuscivo neppure a distogliere lo sguardo dal suo, così profondo, così unico, così… così distruttivo. Come faceva ad essere tutto quello, come faceva a darmi tante di quelle emozioni così contrastante, erano due occhi soltanto, ma sembravano essere qualcosa di molto, molto più grande.
Distolse lo sguardo poco dopo per riporlo sul taccuino e finalmente mi sentii di nuovo libera, libera di muovermi, libera di respirare libera di vivere… tuttavia preferivo perdermi nei suoi occhi che nel lento e inesorabile trascorrere della mia vita.
Abbassai lo sguardo –Io… non avevo intenzione di offendere… -
Non mi lasciò finire la frase, mi prese il taccuino dalle mie mani e ne strappò la pagina, perché…
-Nevra, prenditi cura di questo- gli lanciò il resto del taccuino e lui annuì riponendolo tra le sue vesti –in quanto a te, ciò che è di Eldarya è di Eldarya, e rimane qui, oltretutto se davvero volessi riportare nel mondo umano queste informazioni credi qualcuno ti crederebbe?-
Rimasi nuovamente senza parole, sembrava che fosse nella mia testa, mi leggesse nella mente e deducesse il tutto senza il minimo problema ed errore. Questa ragazza era così diversa, così diversa da chiunque altro, era come se avesse qualcosa in più, qualcosa di speciale, di diverso, di unico che mi incuriosiva tanto, troppo.
-No, hai ragione, è stato un mio errore, chiedo perdono- mi limitai a dire di fronte a lei in tono sincero, scusandomi per quanto era successo. Quello che era di Eldarya rimaneva ad Eldarya… erano parole che in qualche modo mi rimasero impresse lasciandomi un vuoto dentro che solo la sua voce riuscì a colmare.
-Non ti preoccupare, avrai modo di tornare a casa con tanti ricordi straordinari. - Mi sorrise guardandomi, questa volta il suo sguardo era meno serio, molto più dolce e non potei che ringraziarla sorridendole.
D’un tratto il suo viso si avvicinò particolarmente al mio, mi tirai indietro arrossendo per l’imbarazzo, ma lei allungò una mano dietro la testa e riuscì a trattenere con estrema facilità il mio movimento. Chiusi gli occhi mettendo le mani tra i nostri volti, sentii il suo respiro sui miei palmi, lasciò la presa e sospirai, cosa voleva fare?
-I tuoi occhi, Erika… - disse rimanendo sorpresa -… che colore insolito per un’umana. -
Annuii spiegandole che fin da bambina venivo presa in giro, dicevano che ero diversa, che quello non era un colore per gli occhi e inevitabilmente finivo col chiudermi in me stessa, senza amici, senza felicità.
-Io li trovo meravigliosi invece, dovresti darli più credito. – Mi sorrise, poi cambiò di repente espressione e si girò verso i ragazzi –Valkyon, porta a laboratorio la carcassa prima che sia troppo tardi, Nevra, disfati del taccuino, trova Ezarel e vedi di ricordargli che entro domani voglio un rapporto completo nella Sala del Cristallo. Non lo pago per seguire Crylasm. – Entrambi salutarono e tornarono alle loro mansioni senza troppe lamentele, se mi avesse detto di fare qualcosa di simile non sarei stata altrettanto obbediente, e mi fece strano pensare che Valkyon lo fosse stato in quella situazione.
Seguii i loro movimenti finchè il mio occhio poté distinguerli, poi tornai a guardare Miiko. Lei fece lo stesso poco dopo.
-Credo che il minimo a questo punto sia farti fare un giro del nostro territorio, se non hai altri programmi. -
La guardai negli occhi, i suoi dicevano di fidarsi, di seguirla e i miei l’avrebbero seguita ovunque andassi, quindi socchiusi le labbra e le sorrisi.
–Volentieri. -
- Capitolo 4 -
-Quindi quelle sarebbero le mura? - guardai verso nord dal limitare della foresta, facendo correre lo sguardo su quelle pietre che si arrampicavano vertiginosamente verso il cielo di mezzogiorno. Era una struttura che avevo visto solo nei film, che circondava i vecchi castelli, ormai in rovina, al fine di proteggerli da eventuali attacchi vicini. Tuttavia Eldarya sembrava un posto così pacifico, surreale, meraviglioso.
Guardai Miiko di fronte a me e la raggiunsi affrettando il passo, poi rallentai e la guardai. Era più alta di me di circa una mano, non era tanto, ma al pensiero di guardarla dal basso all’alto, mi accorsi che pareva più regale e rispettosa di quanto non lo fosse stata in precedenza.
-Quelle SONO mura. – mi disse in modo quasi scocciato, era come se… come se non volesse parlarne.
-Perché sono state costruite? – le chiesi cercando di ottenere più informazioni a riguardo.
Lei rimase impassibile, sguardo fermo rivolto verso le stesse mura, più freddo del materiale di cui erano fatte, poi schiuse le labbra e cercai di cogliere la risposta al meglio.
-Perché siamo in guerra, Eldarya non è tutto rosa e fiori, soprattutto in queste ultime decadi. Proteggere il popolo è obbligo della mia guardia, pertanto tengo alla salvaguardia di ogni cittadino di Eldarya. Le mura agevolano le cose, ma di certo non staranno in piedi ancora a lungo. –
Miiko sospirò, ebbe un momento quasi emotivo, poi si riprese e tornò a guardare in avanti. Mi accorsi solo allora che aveva una mano chiusa a pugno, stretta in una morsa che non aveva precedenti.
-Guerra, chi entrerebbe in guerra in un mondo simile? -
Lei non mi guardò, ma lasciò la presa e rilassò la mano prima di rispondere abbassando la voce.
-Non sono tenuta a rispondere a questa domanda, ma di certo posso dirti che non l’abbiamo mai voluta, io non ho mai voluto nulla di tutto questo. -
Capii che era un argomento troppo delicato per lei, lo sentivo dal suo tono, sembrava distrutta, sembrava aver perso la fiducia in se stessa.
-Non ti preoccupare, non me la prendo, posso capire che alcuni argomenti non vogliano essere trattati, e fare troppe domande ammetto sia sgarbato, è solo che… - Feci una giravolta su me stessa guardandomi intorno –Qui è tutto perfetto, e mi riesce difficile pensare che qualcuno possa dimandare guerra al popolo di Eldarya.
-Un tempo Eldarya era meravigliosa, ricordo che i fiori cantavano nei prati e le onde suonavano nel mare. Ricordo un tempo dove tutti erano felici, ricordo un tempo dove quelle mura non c’erano. -
Le indicò abbassando il dito subito dopo con aria quasi persa, allora aveva davvero un punto debole colei che non temeva nulla e nessuno.
-Poi però… - riprese lei tornando seria –Tutto è cambiato, ora nessuno canta, nessuno suona, nessuno ride e tutti piangono chi si batte per la gloria della nostra terra al di là del mare. – La vidi guardare verso oriente, quasi come se ci fosse qualcosa, guardai anch’io ma non vidi niente.
-E’ un peccato – dissi cercando di porre fine a ciò che poteva farle del male –Perché canterei, suonerei e riderei tutti i giorni se fossi qui, se non per me, per chi ci abita, per confortare più di quanto possano fare dei blocchi di pietra. -
Lei sorrise, ma non rispose, poi tornò seria –Siamo arrivate, questo è il portone principale, unica via d’entrata ed uscita. – Notai sulle mura delle persone con archi e frecce puntati nella nostra direzione, Miiko alzò un braccio senza guardarli, e loro abbassarono le armi. Pochi secondi dopo il portone si aprì dinnanzi a noi, mostrando ciò che era l’interno della fortezza.
un passaggio di sassi bianchi come la neve correva di fronte a noi, tra giardini ben curati, costellati di fiori variopinti, coì strani che prima di poter tornare a camminare li volli vedere da vicino uno per uno. Miiko disse di non calpestare l’erba, mi ricordava i segnali “non calpestare le aiuole” nel mondo umano, mi parve bizzarro, ma non commentai, ubbidendo d’istinto. Appena finii di guardare le diverse specie, vidi la sua ombra quasi assente passarmi accanto, alchè mi alzai in piedi e la raggiunsi sotto un viale di splendidi archi. Sembravano un sogno quelle rose che si arrampicavano sui pilastri degli stessi, dando una ventata di romanticismo al paesaggio. Panchine riccamente decorate ci passavano accanto, ferme nella bellezza di quel posto.
-E’ bellissimo… - dissi senza pensarci. Miiko abbozzò un sorriso e poi mi indicò uno strano coniglio rosa con delle corna fiorenti.
-Quello è un Pimpel, è abbastanza frequente vederne in zona, e sono molto ambiti, più per la carne che per la compagnia. -
Deglutii –Carne? Voi li mettete in tavola? - la guardai e il coniglio sparì senza penarci due volte.
-Non dirmi che voi umani non mangiate carne, anche vi portate in tavola pietanze che coinvolgono la carne, o almeno lo avete fatto per molto tempo. Più o meno avviene la stessa cosa su Eldarya. Le provviste sono limitate e in tempi di guerra il processo diventa più difficoltoso. Viviamo di ciò che ci offre il nostro mondo, esattamente quello che fate voi umani. -
La guardai sorpresa, non capivo come potesse essere possibile, ma poi ripensandoci… era quello che l’essere umano aveva fatto e faceva ancora nel presente. I vestiti e parte delle pietanze che io stessa mangiavo non sarebbero esistite senza animali. Forse quel coniglio era un animale, proprio come quelli che popolavano il mio mondo.
Guardai la donna volpe –Penso di avere compreso. -
-Mi sarei meravigliata del contrario - disse voltandosi e proseguendo oltre
-Del resto, Erika… – si fermò guardandomi. Mi fermai guardandola a mia volta e aspettai con veemenza il resto della frase. Miiko sorrise leggermente, poi concluse -… Il tuo mondo ed Eldarya, non sono poi così diversi. -
Una leggera brezza da nord mi sfiorò la gota, e avrei giurato, in quel soffio leggero, di aver sentito chiamare il mio nome…
- Capitolo 5 -
-Erika!-
Sentii nuovamente il mio nome… allora forse non me l’ero immaginato…
Guardai il sentiero di fronte a noi che correva rapido verso nord. Il mio sguardo corse con lui fino a incrociare una figura a lui ormai conosciuta. Era l’elfo di prima, Ez… già non ricordavo più il suo nome. Sorrisi vedendolo arrivare, le buone maniere innanzitutto!
Avvicinandosi non lo vidi rallentare, il suo sguardo accigliato verso di me la diceva lunga. In un attimo fu a un paio di metri di distanza da me. Guardai i suoi occhi cercando di comprendere cosa potessero celare, ma non feci in tempo a studiarli, che la coda dell’occhio sinistro vide il rapido movimento del bastone di Miiko. Il ragazzo inciampò nel legno cadendo rovinosamente al suolo e il suo corpo proseguì per qualche metro prima di fermarsi. Guardai l’elfo dai capelli color del mare rialzarsi a fatica. Decisi di andare ad aiutarlo istintivamente, ma appena gli tesi una mano, lui mi guardò in lacrime colpendomi con un pugno in pieno volto. Mi toccai il livido, guardando il suo corpo alzarsi di fronte a me
-Non ci provare, disgrazia umana.-
Il suo tono, il suo profilo, era così diverso, sembrava un’altra persona, perché cos’era successo? Prima che potessi aprire bocca ricevetti un calcio in pieno petto dallo stesso elfo e caddi su un fianco contorcendomi dal dolore.
-Adesso basta, Ezarel. Ciò che hai visto potrebbe essere benissimo uno scherzo. Non mi meraviglierebbe affatto da un elfo che insegue un Crylasm, facendo del suo corpo una palla dove prevedere il futuro. C’è sempre una prima volta, potresti benissimo sbagliarti. Non sappiamo nulla di lei.- La voce di Miiko, così calma e ferma mi rincuorò, ma per quanto potesse rincuorarmi, quanto era successo di certo la superava.
-Che cosa è successo qui?-
Una terza voce, la conoscevo, doveva essere Nevra.
Sentii qualcuno avvicinarsi a me e sperai con tutta me stessa che non fosse quel bizzarro elfo. Un paio di mani mi sfiorarono il corpo e due braccia mi alzarono dal suolo mantenendomi nella posizione, al fine di evitare di farmi ulteriore male. Poco dopo mi ritrovai completamente in braccio a Nevra, senza che potessi dire nulla a riguardo. Mi morsi le labbra per evitare di soffrire più del dovuto, respirai un paio di volte, poi lo ringraziai del gesto.
-Dovete perdonarlo.- Disse lui guardando il compagno –Alle volte esce di senno, non tutte le visioni sono positive, e dovete capire che ci tiene particolarmente alla salvaguardia del regno, come tutti noi del resto.-
Ezarel mi guardò accigliato, mi dava un senso particolarmente angosciante. Poi dal nulla mi sorrise.
-E’ stato divertente.- Disse tornando saltellando felicemente verso il quartier generale. Quel ragazzo aveva qualche serio problema, e per un attimo lamentai di non essere diventata psicologa nella vita.
-Si chiama Assenzio.- Guardai Nevra a quelle parole, non pensavo una sostanza del genere fosse arrivata ad Eldarya.
-Ha preso troppo alla lettera il suo ruolo nella guardia.- Spiegò Miiko raggiungendoci. –La popolazione qui è divisa in quattro guardie, una di queste è la Guardia Assenzio e lui ne è il capo. Da un po’ di tempo a questa parte Ezarel ha cominciato a fare uso della sostanza da cui venne preso il nome. Diceva che così si calava di più nella parte, poi è diventato quello che realmente è.-
-Prima di chiedercelo, Ezarel è a capo del laboratorio del quartier generale, esperto in alchimia, e non lascia entrare nessuno nella stanza, nemmeno Miiko, il che ormai rende il tutto molto difficile, così come la possibilità di renderlo normale nuovamente.-
Non dissi nulla, riflettei nella mia testa. Avevo già visto l’assenzio su qualche bancone, che rendesse così non ne avevo proprio idea, ma mi era stato detto di starci lontana anche dalla mia migliore amica. Inoltre, quel color verde all’interno di una bevanda non mi ispirava per niente.
-Tuttavia- continuò Miiko –non possiamo nemmeno toglierlo dalla guardia, esistono leggi che lo vietano categoricamente: quando un esponente diventa capo, lo è fino alla fine.-
Un patto di sangue, non pensavo fosse qualcosa di complesso, sperai solo di non entrare nella sua stessa guardia.
-Cosa c’entro in tutto questo?- chiesi con un filo di voce.
Nevra aspettò qualche istante prima di rispondere, il che mi faceva pensare che avesse avuto qualche visione non propriamente positiva Ezarel riguardo il mio arrivo.
-Nulla, si da il caso che Ezarel abbia nuovamente fatto uso dell’Assenzio senza darsi un freno, alle volte capita, ma non devi preoccuparti, si rimetterà presto.-
Miiko non commentò, il che mi fece pensare che non avevo poi tutti i torti a pensare che non fosse solo quello ad aver influenzato il comportamento dell’elfo. Preferii non continuare la conversazione, annuendo di rimando al vampiro.
-Sarà meglio portarla in infermeria, non vorrei fosse grave. Purtroppo in questo stato Ezarel non riesce a controllare azioni e potenza delle stesse, quindi è sempre meglio controllare.-
Guardai Miiko mentre stava parlando con Nevra, annuendo nuovamente. Sapevo che non era nulla di preoccupante, ma far stare in pensiero le persone non era da me e in questi casi preferivo stessero tranquilli.
Il vampiro si avviò senza dire nulla accanto alla Kitsune e tra le sue braccia, passo dopo passo, mi addormentai senza rendermene conto…
- Capitolo 6 -
-No!- Urlai aprendo gli occhi e destandomi ansimante.
Stavo respirando in preda all’angoscia, quel sogno era stato così reale.
-Erika.- Disse una voce accanto a me.
Sentii il sudore sulla mia pelle scendermi lentamente sulle gote. –Mi-Miik…-
-Non sforzarti- Sentii accanto a me la sua voce rassicurante, non mi serviva spostare lo sguardo per immaginarmi e figurarmi la sua figura seduta accanto a me. –Hai preso un brutto colpo, cerca di riposare. Ti abbiamo portato in infermeria, e dal momento che siamo a corto di personale tocca a me occuparmi di te.-
“A corto di personale” pensai tra me e me senza mostrare il mio dubbio. Chiaramente Miiko l’aveva detto in tono freddo e distaccato, quasi come non volesse pensarci, ma non feci commenti a riguardo e tenni il pensiero per me, limitandomi a ringraziarla per quanto fatto.
-Chiunque al mio posto avrebbe agito allo stesso modo, e poi sono dell’idea sia meglio avere una testa in più che una di meno.- Per un attimo riuscii a guardarla con la coda dell’occhio e notai un lieve sorriso sul suo volto.
Miiko si alzò poco dopo: qualcuno aveva bussato alla porta, immagino aspettasse qualcuno. Raggiunse l’uscio in silenzio e abbassò la maniglia, accompagnandola verso di se. Non sentii nessuno entrare, captai a malapena una voce maschile sussurrare qualcosa che non riuscii a comprendere, poi la voce di Miiko, un semplice ‘grazie’. La porta si richiuse poco dopo. Girai lo sguardo verso di lei, aveva dei fogli in mano.
-Cosa sono?- Le chiesi senza farmi troppi problemi nel domandarlo.
-Resoconti di una missione giornaliera, nulla di cui preoccuparsi.- Aggiunse lei dando loro una rapida occhiata, evidenziando i punti salienti scritti sul foglio.
-Chi era alla porta?-
Miiko si fermò e mi guardò sorridendo –certo che tu sei proprio un umana curiosa.-
Sorrisi anche io di rimando, tuttavia una risposta alla mia domanda non mi venne data. Sorvolai anche su questo aspetto, del resto non erano affari che mi riguardavano e non volevo risultare la solita persona invadente che ero nella realtà. Miiko stava ancora leggendo i resoconti, sembrava quasi impaziente di avere del tempo per leggerseli.
-Miiko…- Le dissi guardandola. Lei smise di leggere e mi guardò. –Se hai bisogno di lavorare ai resoconti non ti preoccupare, lo capisco, non voglio essere un peso, quindi me la caverò, non ti preoccupare.-
-Non lo sei.- Disse lei sedendosi accanto a me posando i fogli su tavolino accanto al letto. –Al momento sono qui, mi sono presa un impegno e ci tengo a portarlo a termine.-
Sorrisi, era così garbata e gentile con me, perché, perché lo era, e perché con me. La mia testa era un groviglio di pensieri, che si annodavano tra loro creandone di nuovi molto più strani dei precedenti.
Chiusi gli occhi e sospirai, poi sentii la porta aprirsi. Girai il capo ancora provata dal colpo e vidi Nevra richiuderla alle sue spalle.
-Keroshane è stato qui.- Miiko era tornata a parlare con un tono alquanto serio e freddo, non lo aveva nemmeno salutato, e poi Ker… chi era quella persona che aveva menzionato?
-Non mi colpisce.- Disse in risposta Nevra raggiungendo il letto. –Si hanno notizie?-
Notizie… di cosa stavano parlando? Vidi Miiko con la coda dell’occhio alzare un braccio e indicare i fogli disposti in ordine sul tavolino. Nevra la raggiunse, allungando la mano verso di lei per invitarla a consegnarglieli.
Sembrava che Nevra fosse l’ombra di Miiko, non parlava spesso, il minimo indispensabile, ma sembrava sapere il fatto suo, era un uomo serio, malgrado dalla sua apparenza si sarebbe potuto dire l’esatto opposto.
Miiko prese i fogli e li allungò all’uomo dai capelli corvini, che non si fece pregare due volte. Lo sguardo di MIiko era basso, non guardò Nevra nemmeno per un istante, nemmeno passandogli i fogli. Nevra si appoggiò a una colonna e cominciò a leggere. La tensione era palpabile e nella stanza scese un silenzio tombale pochi attimi dopo. La situazione non mi piaceva, ma dallo sguardo di Miiko e dall’espressione assente di Nevra, decisi di non dire nulla e tenermi i pensieri per me.
Quando l’uomo terminò la lettura tornò a camminare verso di noi. Raggiunse il lettino in cui mi trovavo poco dopo, guardandomi per qualche istante. Dovetti distogliere lo sguardo, il suo, impenetrabile, era impossibile da reggere anche per una come me. I suoi occhi erano più gelidi del ghiaccio, il suo era forse l’unico sguardo che non ero riuscita a reggere nella mia vita.
-Scusaci, Erika.- Tornai a guardarlo perplesso per ciò che aveva appena detto. Scusarli per cosa?
Vidi Miiko prendere i fogli dalla mano di Nevra, cosa stava succedendo?
-Dobbiamo lasciarti per un po’, il lavoro chiamo, spero tu possa comprendere.- Vidi Miiko deglutire alle parole dell’uomo.
-Non vi preoccupate, me la caverò- Dissi tornando a guardare Nevra, sorridendogli. La sua espressione non mutò, si limitò a ringraziare e congedarsi, seguito da Miiko.
Li sentii allontanarsi verso la porta, aprirla e richiuderla alla loro uscita, poi di nuovo il silenzio.
Era evidente che sul rapporto era riportato qualcosa che aveva allarmato entrambi, tanto che Miiko era arrivata perfino a fare calte false per nasconderlo. La domanda e il pensiero ormai era solo uno e uno soltanto: cosa c’era stato scritto in quel rapporto?
- Capitolo 7 -
Chiusi gli occhi e sospirai cercando di tornare in me: tutto quello doveva essere un sogno e non appena avessi riaperto gli occhi, mi sarei trovata nella mia stanza.
-Uno… Due… Tre!- Aprii gli occhi, nulla era cambiato. –Riproviamo-
Tornai a chiudere gli occhi e continuai a ripetere l’azione per minuti interi, arrivando perfino a immaginarmi la stanza quando chiudevo gli occhi al fine di tornarci.
Nulla. Per quanto tentassi di tornare, mi ritrovavo sempre lì, nell’infermeria, avvolta dal silenzio più assoluto. Nessuno poteva sentirmi, e mi sentivo nuovamente sola.
A fatica alzai il busto, portandomi seduta e tenendomi la testa per il dolore dei colpi subiti da Ezarel. Quel dolore era troppo reale per essere solo frutto della mia immaginazione.
L’infermeria era avvolta da un silenzio tombale, fatta eccezione per l’acqua che scorreva da una fontanella in pietra con una piccola statua che ritraeva un uomo in ginocchio col capo chino dietro a una spada brandita da entrambe le mani. La lama era conficcata nel resto della roccia, che, presumibilmente, corrispondeva al pavimento. Avvicinai il volto per riconoscerne i tratti del viso, ma il volto era nascosto dalle possenti braccia ed era praticamente impossibile riconoscerne i tratti.
Dal solco formato dalla spada usciva dell’acqua, che proseguiva per un tratto e scendeva a cascata sul fianco anteriore della fontana, collegandosi attraverso un canale di piccole dimensioni a un ruscello principale. Quest’ultimo correva silente sotto alle arcate imponenti che mi trovavo di fronte, tra le quali spiccava un portone riccamente decorato da innumerevoli rune, che correvano su tutta la sua superficie. Notai che quella non era l’unica fontana, ce n’erano altre quattro con rispettive statue come quella accanto al mio lettino. Mi alzai scivolando dalle coperte non disturbando la quiete tutt’attorno. Guardai le mie scarpe poste in modo accorto e minuzioso accanto ai miei piedi. Il pavimento era isolato e stranamente non era freddo quanto mi sarei aspettata.
Rimasi in piedi per qualche istante, tenendomi la testa con la mano destra ed abituandomi nuovamente al peso del corpo sulle mie gambe, poi cominciai a camminare verso la prima fontana alla mia destra.
Fui sorpresa nel vedere che la figura sulla seconda fontana era collocata in una posa diversa dalla precedente, quasi come se volesse dimostrare, che, come la prima, aveva un’identità propria. Iniziai a pensare che quelle statue raffigurassero qualcuno in specifico, qualcuno che aveva avuto una certa importanza nel corso del tempo nel mondo di Eldarya. Quando fui abbastanza vicina, notai che la piccola statua raffigurava un uomo in piedi, con una gamba di fronte all’altra, come se stesse camminando. Spostai l’occhio sugli alberi in pietra che gli rispondevano, creando attorno a lui un vero e proprio scudo di rami e foglie. Il volto non era visibile, era completamente coperto dallo spesso fogliame in pietra, che lo riparava da qualsiasi sguardo indesiderato. Le radici delle due piante fuoriuscivano dalla roccia, quasi come se gli alberi stessero camminando con lui. Dalle fessure create da quelle stesse radici sgorgava dell’acqua, che si univa al centro della roccia, per scivolare come la precedente dal fianco anteriore della fontana, sfociando in un secondo canale secondario. Seguii il corso dell’acqua, poi mi accorsi dei due lettini restanti. Guardai entrambi, uno alla mia destra, il secondo dalla parte opposta della stanza. Deglutii alla vista del primo, le sue coperte erano marce, sporche, strappate e invecchiate dal tempo, abbandonate al loro destino in una delle poche zone d’ombra della stanza. Decisi di proseguire con il terzo lettino, quello tra i due meno inquietante. Mi armai di molta pazienza, tornai al mio letto e proseguii il mio cammino fino a raggiungere il lettino oltre il mio. Mi fermai come avevo fatto coi precedenti accanto alla fontana in pietra. Questa volta la fontana ospitava una statuina diversa. Nessun oggetto ne copriva il volto, se non la sua stessa mano. Vidi un certo sorriso celarsi dietro il palmo che l’uomo usava per coprirsi il viso, e quello fu l’unico aspetto che riconobbi in lui, includendo l’occhio scoperto tanto ambiguo quanto il sorriso, che guardava il lettino opposto. Feci per allontanarmi, quando vidi il secondo braccio dell’uomo, nascosto parzialmente dal lungo mantello che portava, puntare il suolo in pietra. L’acqua che sgorgava dall’ombra del mantello non era d’aiuto, ma riconobbi ugualmente una scritta incisa sulla pietra a cui non avevo fatto caso in precedenza.
-Om…b…ra- lessi ad alta voce. Ombra…
Tornai a guardare l’uomo raffigurato, poi spostai la mia attenzione sulle fontane precedenti e con passo spedito tornai al mio lettino, guardando la pietra di fronte all’uomo con la spada.
-Oss…id…iana- dissi correndo le mie dita sulla scritta.
Mi asciugai le dita nei vestiti e procedetti verso la terza fontana con la stessa rapidità. Per la seconda volta corsi le dita sulla scritta incisa nella roccia.
-As…sen…zio-
Assenzio, Ombra, Ossidiana. Quei nomi non mi erano nuovi. L’Assenzio… Miiko me ne aveva parlato, una delle 4 guardie, come Ombra e Ossidiana…
Mi girai verso il quarto lettino, ormai mancava solo quello, ne mancava solo uno. Deglutii presa dallo sconforto, ma non era il momento di fare l’impaurita. Dovevo capire cosa stava succedendo, c’erano così tante incognite che ancora mi assillavano, era tutto così strano, così misterioso. Feci il giro del terzo lettino molto lentamente, rimanendo nel silenzio più totale. L’unico suono che riuscivo a percepire in quel momento era l’incessante battito del cuore nel mio petto.
Passo. Passo. Passo.
Mi avvicinai con passo felpato quasi silente.
Passo. Passo. Passo.
L’ombra inghiottì il mio piede destro, un gelo immenso mi avvolse, quasi come se su quel lettino ci fosse…
Passo. Passo.
- Capitolo 8 -
Mi fermai una volta giunta al lettino, lasciandomi la luce alle spalle. Deglutii: sentii il mio cuore battere quasi come fosse impazzito, distruggendomi ogni volta la cassa toracica. Se avesse potuto sarebbe realmente volato via dal mio petto, e non lo avrei biasimato, in quel momento avrei voluto fare lo stesso. Eppure quel lettino, quelle coperte vecchie coperte da chiazze color rosso porpora, quel freddo, quella statua senza volto… tutto ciò mi attirava senza un’apparente ragione.
Un odore nauseabondo si levò nell’aria, non l’avevo notato fino a quel momento, ma quelle coperte, quelle chiazze, quel freddo, quell’odore… Rimasi paralizzata da quel pensiero e mi portai una mano alla bocca cercando di non recere.
Distolsi lo sguardo dalle coperte, cercando di evitare di pensare all’odore, quindi ci feci il giro attorno, arrivando alla fontana. A differenza delle precedenti non funzionava, di acqua non ne usciva nemmeno una goccia, era nera pece, scurita ulteriormente dallo spazio d’ombra che si era creato tutt’attorno. Trasmetteva tristezza, malinconia, solitudine, tutte cose che conobbi molti anni prima, durante la mia infanzia. In qualche modo riuscivo a comprendere quei sentimenti, li ricordavo, e in quello stesso momento mi resi conto di provare quelle stesse emozioni, di esserne irrimediabilmente schiava.
Mi ripresi dopo numerosi istanti, ero rimasta ipnotizzata da quelle sensazioni, incapace di muovermi, di provare qualsiasi altro sentimento. Passai la frangia dietro all’orecchio per avere maggiore visibilità, quindi avvicinai il mio volto a quello assente della piccola statua. Notai che il viso della statua era stato rimosso, grattato con forza al fine di non renderlo riconoscibile in alcun modo. Dimenticare il volto di un uomo: era giusto arrivare a tanto?
Passai lentamente le dita sul volto della statua, quindi sui vestiti e sull’intera figura, questa volta immutati. Anche lui aveva una posa tutta sua, diversa dagli altri. Portava i capelli lunghi, che gli scendevano immobili sulle larghe spalle. Portava un mantello e abiti comodi, non portava armatura alcuna, e pareva essere molto sicuro di se. Il mento era alto, fiero, e pareva seguire i piedi, l’uno di fronte all’altro, indirizzati verso la parte opposta della stanza. Entrambe le mani brandivano due spade, una puntata verso l’uomo dell’Assenzio, la seconda verso l’uomo dell’Ombra.
La porta d’entrata si aprì senza preavviso, girai lo sguardo verso la porta istintivamente, ancora presa dalla paura e dallo sconforto per tutto ciò che stava succedendo.
-Erika, non mi aspettavo di trovarti in piedi così in fretta-
-Mi… Mii… Miiko…- il mio volto cominciò a riempirsi di lacrime, le sentivo, cadere, lentamente, mentre lei mi guardava. In quel momento era l’unica persona che volevo incolpare per avermi lasciata da sola, l’unica che volevo vedere in quel momento, l’unica che volevo sentire accanto per consolarmi. L’unica.
Chiusi gli occhi e scappai, scappai da quell’ombra, da quel freddo che non volevo più sentire sulla mia pelle, volevo calore, non volevo restare sola. Mi ritrovai senza nemmeno accorgermi contro la spalla di Miiko, ancora piangente, con le mani sugli occhi lucidi.
-Hai visto-
Per un attimo trattenni il fiato. Non dovevo forse vedere una cosa simile?
-Di chi è quel lettino, Miiko… di chi è…- Non la guardai, ma rimasi a piangere in silenzio, aspettando una risposta. Ne doveva sapere qualcosa, era la persona più rispettata che avessi incontrato da quando ero arrivata in quel posto, doveva sapere. Attesi chissà quanto, aspettando anche solo una sillaba dalle sue labbra, ma nulla ne scaturì, nulla derivò da quella domanda. Era forse qualcuno che aveva conosciuto e che le era stato caro in passato? Da quanto avevo capito non era una brutta persona, al contrario pareva essere rispettata di buon grado. Allora perché non rispondeva, perché non diceva una parola. Sentii il mio corpo irrigidirsi, avrei voluto fare qualcosa, ma non sapevo cosa fare, volevo solo capire cosa stesse succedendo, volevo una risposta, sapevo solo questo.
Sentii i suoi capelli sulle mie gote, poi le sue braccia attorno al mio corpo, che mi strinsero in un abbraccio che mi lasciò senza parole, che mi sorprese, che non aspettavo.
-Per fortuna stai bene…- il suo sussurro fermò le mie lacrime quasi per magia. Spostai le mie braccia attorno al suo corpo in segno di affermazione. Stavo bene, ma non si poteva dire lo stesso di lei. Mi sembrò più docile, meno ferma, quasi…
-Miiko…- Sentii una lacrima cadermi sulla guancia, prendendo il posto dei suoi morbidi capelli.
Alzai il mio volto verso il suo e li vidi, i suoi occhi bagnati dalle lacrime, da lacrime che volevo non scendessero più sulla sua pelle.
La vidi sorridere leggermente, un sorriso al limite del reale, un sorriso che celava solo sofferenza, una sofferenza che la distruggeva. Tornò presto seria e schiuse le labbra tra quelle lacrime che non volevano fermarsi, quindi parlò:
-Mia sorella… l’ultima a sdraiarsi su quel lettino… è stata mia sorella.-
- Capitolo 9 -
Sua sorella, Miiko aveva davvero avuto una sorella? Da quanto avevo capito non era persona che parlava spesso della sua vita privata, ma ora, ora era diverso. Quell’espressione, quelle lacrime, quella disperazione… non avevo mai visto nessuno in quelle condizioni, complice il fatto che molte cose mi erano state tolte dalla vista quando capitavano. Non sapevo cosa significasse, non sapevo cosa si provasse a perdere una persona tanto vicina. Guardai il lettino rimanendo in quell’abbraccio eterno: volevo farle capire che per quanto potessi le ero vicina. Guardai le macchie sulle lenzuola, dovevano per forza essere sangue, eppure erano troppe per essere appartenute a una sola persona, senza contare la fontana morta accanto alla branda.
-Ti va di parlarne?- Mi sembrò una domanda così scontata, così fuori luogo. Fino a quella mattina nemmeno la conoscevo, eppure tutto sembrava così familiare.
Miiko impiegò il suo tempo a finire di piangere, glielo concessi, non doveva essere stato facile, qualsiasi cosa fosse successa non doveva essere stato facile per lei e la sua famiglia. Istanti interminabili, ne passarono tanti, troppi, e più ne passavano più mi sentivo ferita da quello che provava, da quelle lacrime che involontariamente laceravano la mia pelle, il mio corpo, la mia anima. Vederla così mi distruggeva, c’era una voce in me che urlava il suo nome, urlava dalla disperazione come la voce interiore di Miiko. Sapevo che ne aveva una anche lei, un dolore simile non poteva essere espresso solo da lacrime, doveva per forza nascondere una distruzione interiore che non dava a vedere.
Venni trasportata dai pensieri finchè non sentii il suo abbraccio venire meno. Sciolsi il mio non appena mi resi conto che riusciva a reggersi da sola, quindi la guardai asciugarsi le lacrime silente.
-Mia sorella era anche la mia migliore amica, l’unica che avevo, l’unica persona ad essermi stata realmente accanto in questa vita e nelle scelte prese. Avresti dovuto conoscerla, era davvero una persona splendida e probabilmente sareste anche andate d’accordo.- La lasciai parlare senza interromperla, finchè non si interruppe da sola, deglutendo e cominciando a camminare verso la prima branda sulla destra.
La seguii dapprima con lo sguardo, poi quando rallentò il passo per aspettare un mio movimento, la seguii e la raggiunsi.
-Ci sono quattro letti in questa stanza, Erika.- Esordì la kitsune. –Tre di questi vengono utilizzati, appartengono alle guardie. Come segno distintivo accanto a ogni letto è stata posta una statua del fondatore di ogni fazione. Qui ad Eldarya non esiste un caso, ognuno ha le proprie qualità e capacità, e seguendo attitudine e modo di fare viene spartito tra le guardie. Vengono fatti test attitudinali, ma è l’Oracolo ad avere la parola decisiva. I capi fondatori di ogni guardia si dice fossero quattro umani, quattro uomini che vennero dal vostro mondo. Furono i primi ad approdare su queste terre, i primi ad esplorarle, i primi ad essere scelti. Fu l’Oracolo a scegliere i 4 secondo vari canoni che avrebbero contraddistinto le linee guida per dividere la popolazione che un giorno sarebbe venuta ad abitare queste terre. In cambio della loro permanenza, l’Oracolo chiese ai quattro di vivere nell’armonia, di prendersi cura di Eldarya. Grazie alla bontà dei quattro venne creato il cristallo base, custodito nella Sala del Cristallo, al piano terra di questa struttura. Tuttavia…- Miiko passò le dita sulla statua accanto al primo letto e proseguì verso il secondo. -...le cose non andarono come era stato richiesto. Il capo della guardia scintillante in quanto ad attitudine era il migliore dei quattro, quindi venne reputato l’unico candidato possibile per la guida della guardia scintillante. Le cose però non vanno sempre come speriamo vadano, e gli umani sono da sempre creature particolarmente ambiziose. Il capo fondatore cominciò ad essere geloso, cominciò a sentirsi superiore perché la sua guardia era quella più importante e presto si inimicò gli altri tre. Ne susseguì una lotta impari, nel quale il fondatore della guardia scintillante maledisse la terra, l’Oracolo e distrusse parte del cristallo. Riuscì a scappare e secondo leggende più o meno valide si rifugiò in un’isola a nordovest. Nessuno ne seppe nulla per anni, forse secoli. La popolazione visse anni felici, privi di conflitti interni e la guardia scintillante venne riportata in vita da persone di buon cuore, che dimostrarono fedeltà e benevolenza sia verso il popolo sia verso l’Oracolo.-
Giungemmo al terzo e infine al quarto lettino, quello della sorella. Lì si fermò e tacque per qualche minuto, aspettai, attesi che continuasse senza metterle pressione, senza spronarla a farlo. Come mi aspettai, riprese a parlare da sola non appena se la sentì di farlo.
-La famiglia di quell’uomo e la sua stirpe su queste terre è considerata maledetta. I suoi membri in un modo o nell’altro non vengono nemmeno tenuti in considerazione dalla popolazione, sono motivo di discordia. È per questo che queste stesse persone decisero di ribellarsi al capostipite, tornando qui ad Eldarya senza di lui, voltandogli le spalle. Secondo dicerie sarebbe lui stesso a venire a recapitarle e condurle a fini tragiche e strazianti.-
-Vorresti dire che…-
-Mia sorella, mio padre prima di lei ed io veniamo da quella famiglia, è corretto. Il primo a lasciarci fu mio padre, svenne nella Sala Comune e venne ritrovato su questo letto senza vita. La seconda fu mia sorella, avvenne di notte e la ritrovammo qui il giorno seguente.- Miiko fece una pausa e mi guardò. –L’Oracolo si fida di me e non ho intenzione di seguire le orme del mio antenato, tuttavia la maledizione proseguirà, quindi mi aspetto ogni giorno di trovarmi distesa su quelle coperte. Il Quartier Generale è un luogo famigliare, siamo tutti in ottimi rapporti, nonostante questo cerca di non cacciarti nei guai e fai attenzione.-
Acconsentii con il capo: avrei rispettato il volere dell’Oracolo, avrei rispettato il volere dei cittadini, ma al contempo avrei vegliato su Miiko. La preoccupazione la attanagliava, era come una morsa attorno al suo collo, pronta a colpire in qualunque momento. Sentii un brivido percorrermi il corpo, ma solo quando Miiko richiamò la mia attenzione mi destai dai miei pensieri.
-Vieni, Erika, ti mostro una cosa.- Gettai un’ultima occhiata al letto di fronte a me, poi la seguii fino alla porta, che chiuse dietro di se.
- Capitolo 10 -
Non ci volle molto prima che Miiko aprisse una seconda porta. Mi voltai a vedere lo spazio percorso e mi sorpresi della vicinanza delle sale. Tornai a guardare Miiko che mi fece cenno di entrare nell’assoluto silenzio. Non me lo feci ripetere due volte, ma entrai ugualmente esitando nella sala.
Doveva essere una biblioteca, o almeno questo era quello che sembrava. I libri sugli enormi scaffali erano posizionati con una precisione decisamente minuziosa, quasi imposta da un silenzio altrettanto stabile, interrotto soltanto dal lieve rumore degli stivali della kitsune. La stanza era illuminata perfettamente da ampie vetrate che lasciavano trasparire la luce solare, prima forte, poi più docile e fioca. Il cielo leggermente velato giocava con l’astro, nascondendolo e mostrandolo, a suo piacimento. Per un istante mi immaginai il vento che soffiava libero tra quelle nuvole, una docile brezza che accarezzava dolcemente paffute nuvolette lassù dove non sarei mai potuta arrivare.
-Erika- fui destata dai miei pensieri da un sussurro proveniente dalla mia sinistra, appartenente alla kitsune che apparentemente portava un grosso tomo in mano. I suoi occhi si specchiarono nei miei per qualche istante, come fossero alla ricerca di quei pensieri che mi erano passati in testa fino a poco fa, sfuggenti come loro solito.
Miiko distolse lo sguardo dal mio con una rapidità che mi parve quasi innaturale, quindi pose il pesante tomo sul leggio. Il rumore grave del libro richiamò la mia attenzione, invitandomi con decisione a raggiungere la kitsune, Mossi qualche passo e la affiancai. Vidi le sue mani correre veloci sulle giallastre pagine, quasi fossero fin troppo abituate a farlo. Mi sorpresi: Miiko doveva conoscere molto bene quel libro, non mi era mai capitato di vedere qualcuno correre con lo sguardo e i gesti sulle pagine di un libro, importante o meno che fosse. Repressi subito quei pensieri, focalizzandomi sulla sincronia dei suoi occhi e i suoi movimenti, rendendomi conto che doveva essere davvero concentrata su ciò che stava facendo in quel momento. Iniziai a preoccuparmi, chiedendomi cosa davvero ci fosse scritto in quel tomo di così importante da renderla tanto accorta e impaziente. Impaziente: sì, sembrava davvero essere impaziente, un’impazienza che in un modo o nell’altro divenne l’unica cosa che accomunava lei a me. Iniziai a sentirla, a sentire i miei battiti sempre più veloci e forti, come se il mio cuore volesse con foga uscirmi dal petto, seguendo le palpitazioni di quello della kitsune, sposandosi con il suo ritmo. Riuscii a distrarmi quel tanto che bastava per non accorgermi immediatamente che Miiko aveva finito di voltare le pagine, ansimante di fronte a quella che portava in fondo a destra il numero 231.
La vidi cadere in ginocchio, con gli occhi bagnati da lacrime di tristezza, miste a dolore, mentre le sue braccia stringevano il suo busto in un abbraccio tremante: era terrorizzata. Tornai a guardare il tomo aperto sul leggio, fermo, immobile, in un tempo che mi parve fermarsi con lui e tacere al suo stesso modo. Solo il pianto di Miiko si levava nella stanza, e non seppi dire quale dei due rumori fosse il peggiore.
Mi distrassi dai miei pensieri, facendo correre vertiginosamente il mio sguardo dal numero della pagina al titolo della sezione. Sopra di lui, scritto in maiuscolo c’era una scritta ancora leggibile, “leggende di Eldarya”.
Doveva essere un libro particolarmente vecchio, non solo dalle pagine, ma anche dall’inchiostro, ormai rovinato, che timido anneriva e riempiva quel deserto di carta.
Tornai a guardare il titolo, riconoscendo in esso paura e terrore, delineati da una scrittura particolarmente rapida e non curata nel minimo dettaglio. Chi l’aveva scritta doveva per forza avere fretta o timore nel raccontare una storia, una leggenda, che aveva messo in uno stato simile anche Miiko. Notai che anche il resto del racconto condivideva gli stessi sentimenti riposti nel titolo, e di certo non era una coincidenza. Guardai di nuovo il titolo e lo lessi ad alta voce.
-L’Ombra del Cristallo…- guardai Miiko, notando una certa reazione di terrore, ravvivata da ciò che avevo appena letto. Mi accucciai accanto a lei -…Non ti preoccupare, andrà tutto bene- mi limitai a dire, non sapendo che cosa dire in casi simili. Cercai il suo sguardo col mio, e quando lo trovai deglutii spaventata. Miiko mi fissò con le lacrime ancora agli occhi, il suo sguardo era terrore pure, portava in se agonia mista al dolore provato per la perdita dei due parenti. Glielo si leggeva in faccia: quello che avrei letto, quello che stavo per leggere, non sarebbe stato facile da accettare, da cogliere, da comprendere. Tornai in piedi di fronte al tomo, di fronte a quella pagina che racchiudeva in se tutto quello che avevo visto nello sguardo della kitsune. Mi feci coraggio e iniziai a leggere…
- Capitolo 11 -
Il mio dito finì di correre tra le righe, alzai il volto e il braccio mi cadde lungo il corpo. Rimasi bloccata come una statua a guardare il vuoto per qualche istante, incapace di parlare, di reagire a quanto avevo appena finito di leggere. Fu una voce sconosciuta a farmi riprendere, senza troppi convenevoli.
-Una kitsune e un’umana in una biblioteca. A cosa devo l’onore?-
Mi girai verso quella voce, notando a qualche decina di metri da me una figura maschile intenta a guardare la scena con la coda dell’occhio e un sorriso compiaciuto in volto. Tra le mani aveva diversi libri, che portava con estrema grazia e facilità nonostante non fosse muscolarmente portato per svolgere quella mansione.
Come era comparso scomparse nuovamente tra gli scaffali ancora con lo stesso sorriso in volto, quasi fosse compiaciuto e sorpreso dalla situazione.
D’un tratto il libro che avevo sotto il naso si chiuse con un tonfo sordo, che richiamò la mia attenzione. Non feci in tempo a girarmi che sentii una mano voltarmi il volto prendendomi per il mento. I miei occhi azzurri incrociarono lo sguardo magnetico del bibliotecario, che fece scivolare il libro dal leggio con la mano libera.
-Con il vostro permesso.-
-Lasciala stare, Kero.- Rispose Miiko prendendo le mie difese.
Vidi il mio riflesso svanire dagli occhiali del bibliotecario, che lasciò la sua presa su di me, spostando l’attenzione verso Miiko.
-Keroshane, grazie.- Fece una pausa allontanandosi ancora con il sorriso addosso. –Chi l’avrebbe mai detto, vero Miiko? Una graziosa umana come lei un’arma così pericolosa… come abbandonare questo mondo in modo piacevole.-
-Non ci credo.-
Alle mie parole il ragazzo si fermò. Solo allora, quando girò nuovamente il volto divertito verso di me notai un corno sulla fronte che non avevo notato in precedenza.
-‘Non ci credo.’ Abbiamo una bella faccia tosta, umana.- Spostò il libro su un dito e si incamminò nuovamente verso di me. –Spero che la vostra attitudine cambi una volta sul campo di battaglia, altrimenti non andrete lontana, ve lo posso assicurare.-
D’un tratto vidi il suo volto tornare serio, e mi resi conto della sua serietà solo quando mi raggiunse, afferrando il libro e mettendomelo nuovamente di fronte agli occhi
- Non importa a cosa crediate, minaccia siete e minaccia rimarrete. Fino a che non proverete di non esserlo, le vostre parole rimarranno impresse solo nell’aria.-
Si allontanò nuovamente, lasciandomi senza parole e tornando verso gli scaffali per riporre il libro.
-Quasi dimenticavo, Miiko, la prossima volta che vieni, passa a salutare, provare a non fare rumore è inutile.-
Keroshane scomparve nuovamente tra gli scaffali, lasciando il posto nuovamente in un silenzio che mi pietrificò.
-Vieni Erika, c’è ancora molto che devi vedere nel quartier generale.-
Sentii la sua mano afferrare il mio polso, obbligando il mio corpo a seguirla. Il mio sguardo rimase a fissare gli scaffali di fronte a me quasi paralizzato per qualche istante. Solo quando mi allontanai di qualche passo riuscii a destarmi dai miei pensieri, e nel farlo rischiai di finire contro Miiko, perdendo l’equilibrio. Mi aggrappai all’ultimo al suo polso con rapidità, seguendo il mio istinto ed evitando di cadere
-Tutto bene?-
Si fermò per un istante, giusto il tempo per assicurarsi che fossi ancora con lei.
Lanciai un’ultima occhiata verso il punto in cui era scomparso il bibliotecario, tornai a guardare lei e annuii lasciando la presa e abbassando lo sguardo. Anche lei abbandonò la sua presa sul mio polso, raggiungemmo nel silenzio più completo la porta, uscimmo nel corridoio e Miiko chiuse la porta alle nostre spalle.

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Ultima modifica di Mew (Il 26-04-2020 a 21h14)